Questo è davvero molto facilissimo....
C'era una volta...
"Un re!" diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli
che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il
fuoco e per riscaldare le stanze.
Questo è il brano da cui era tratto l'indovinello precedente, per chi non l'ha letto lo struggente
passo della peste a Milano, la "storia di cecilia"
" Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui
aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza
velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza
molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata,
ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse
tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima
tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie,
la indicasse così particolarmente alla pietà e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco
e ammortito ne’ cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta
ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle
mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la
teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se
fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con
una certa inanimata gravezza, e il capo posava sul l’omero della madre, con un abbandono
più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de’ volti non n’avesse fatto fede,
l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito
rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare
sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro:
prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella
che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d’intorno, né di lasciar
che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il
nuovo sentimento da cui era come soggiogato che per l’inaspettata ricompensa, s’ affaccendò
a far un po’ di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la
mise lì come sur un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime
parole: «addio Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme.
Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri». Poi voltatasi di nuovo al monatto,
«voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s’affacciò alla finestra, tenendo in collo
un’altra bambina più piccola, viva ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare
quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere;
poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l’unica che le rimaneva, e mettersele
accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino
ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato."